Il nostro progetto “Giocare, imparare, crescere”, ha compiuto tre mesi. Abbiamo accolto, in questo tempo trascorso insieme, tanti bambini, adolescenti, giovani. Ma anche molti adulti. Grazie alle attività portate avanti, tra distanziamento fisico e vicinanza affettiva, abbiamo potuto conoscere ancora meglio la resilienza (nonostante tutto!) delle persone che abitano il nostro territorio e la nostra città.
Abbiamo potuto toccare con mano quanto la pandemia sia stata la causa di un devastante aggravamento della realtà socioeconomica di chi già versava in condizioni di svantaggio. Ma non solo. Anche persone che, prima, riuscivano facilmente a sbarcare il lunario, stanno adesso vivendo una realtà devastante. Oltre alle difficoltà oggettive, queste persone sono esposte alla vergogna e al senso di colpa indotti da questa società.
Una società che interpreta la povertà e le difficoltà economiche come una disfatta del singolo individuo, piuttosto che come un fallimento del sistema. Quest’idea è un agente patogeno pericolosissimo che meriterebbe riflessioni quotidiane, perché corrode nel profondo la dignità delle persone. Sono persone che rifuggono gli sguardi, che in modo concitato giustificano il loro accesso presso il nostro segretariato, che sottolineano come i loro figli non abbiano mai frequentato “questi laboratori”. Si tratta di difficoltà e di vissuti che accomunano italiani e stranieri: commercianti, liberi professionisti, dipendenti di piccole attività…